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Friday, December 7, 2007

São Francisco ao sultão Malek Kamel: Vós blasfemais o nome de Cristo

Que São Francisco é esse apresentado na TV pela Lux Vide do catolicíssimo Ettore Bernabei? Quando o relato tocou na tecla das Cruzadas, aquilo que sabemos dos relatos da época foi revirado ao contrário como se fosse uma fritada.
Frente ao sultão Malek Kamel, São Francisco não pediu, de modo algum, perdão pela ofensiva do exército cristão. Do testemunho de Frei Illuminato, que o acompanhou nessa missão, sabemos que o santo disse:

“Os cristãos agem conforme a justiça quando invadem as vossas terras e vos combatem, porque vós blasfemais o nome de Cristo e vos esforçais para afastar de sua religião quanto mais homens puderdes afastar. Se, pelo contrário, vós quisésseis reconhecer, confessar e adorar o Criador e Redentor do mundo, eles vos amariam como a si mesmos”.

Além disso, quanto ao diálogo inter religioso, sabemos por São Boaventura, que São Francisco falando com o Sultão foi logo ao ponto mais delicado, sabendo que corria o risco do martírio:

“Pregou ao Sultão o Deus uno e trino e o Salvador de todos, Jesus Cristo”

E quando viu que ninguém lhe dava razão?

“Vendo que não fazia progressos na conversão daquela gente e que não podia realizar o seu projeto, prevenido por uma revelação divina, ele retornou aos países cristãos”

Contra as modernas “mutilações” de São Francisco é útil relembrar o que disse Bento XVI em Assis, no último 17 de Junho: “São Francisco é um verdadeiro mestre para os cristãos de hoje”

Fonte: São Francisco pacifista, enésima mentira da TV

Monday, October 29, 2007

San Francesco e l'Islam

di Marco Meschini

Saint Francis of AssisiUn santo realista, un “folle di Dio” con i piedi ben piantati per terra. La figura del santo patrono d’Italia “purificata” dal pacifismo che lo circonda. Amante del dialogo, ma per la conversione degli infedeli.

[Da «il Timone» n. 61, marzo 2007]

Quando si parla di rapporti tra mondo cristiano e mondo islamico, capita spesso che qualcuno citi il caso di san Francesco (1181-1226), più o meno in questi termini: «Si dovrebbe testimoniare il Vangelo come fece Francesco, in sottomissione e silenziosa discrezione; e quindi non si dovrebbe cercare di convertire nessuno, come san Francesco non voleva che si facesse». Ebbene, è corretta una simile visione?

In parole...

Innanzitutto va detto che questa interpretazione del pensiero e dell’azione del santo di Assisi deriva in particolare da un libro notevole e influente, scritto dallo storico Giovanni Miccoli e intitolato Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana. In quel volume Miccoli sostenne che Francesco voleva «realizzare una presenza cristiana priva di ogni ricerca di proselitismo». In altri termini, il santo assisiate avrebbe visto ogni tentativo di annuncio attivo del Vangelo - orientato cioè alla conversione del non cristiani — come una sorta di “ingerenza”, persino di violenza e di contrario allo spirito evangelico, intriso di sottomissione, rinuncia, povertà “assoluta” e testimonianza “pura”.

Per sostenere questa tesi Miccoli cita la Regola non bollata (cioè non approvata dalla Chiesa, stesa tra il 1209 e il 1221) che al capitolo 16 recita: «I frati che vanno tra gli infedeli [e in specie tra i saraceni] possono vivere e comportarsi con loro, spiritualmente, in due modi. Un modo è che non suscitino liti o controversie, ma siano soggetti, per amore di Dio, a ogni umana creatura, e confessino di essere cristiani». Queste parole, certamente di Francesco, sembrano confermare quella lettura; tuttavia è necessario proseguire nel testo di quello stesso capitolo 16, che aggiunge immediatamente: «Un altro modo è che, quando vedessero che piace al Signore, annuncino la parola di Dio, affinché quelli credano in Dio onnipotente, Padre e figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, il Figlio redentore e salvatore; e siano battezzati e diventino cristiani, poiché chi non nasce dall’acqua e dallo Spinto Santo, non può entrare nel regno di Dio».

Si tratta di parole molto chiare, che indicano al frate francescano (e, potremmo dire, al cristiano in genere) la necessità di cogliere le occasioni propizie per testimoniare esplicitamente e “attivamente” la buona novella, «affinché quelli credano in Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, il Figlio redentore e salvatore». Sono contenuti essenziali del Cristianesimo, ovvero la Trinità e la figura umana e divina di Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’umanità. E si badi che si tratta proprio di quei punti che l’Islam nega esplicitamente: per l’Islam, infatti, Allah è Dio uno e indivisibile e l’idea cristiana della Trinità è un’assurdità quando non, peggio, una forma di idolatria, ovvero di abominio da distruggere. Ed è poi vero che il Corano riconosce in Cristo un grande profeta, precursore di Maometto; ma appunto Cristo, in quest’ottica, non è nient’altro che un uomo, per quanto eccezionale (inferiore comunque a Maometto), e non può in alcun modo essere Dio. Tanto è vero che, per il Corano, Cristo non è mai morto in croce e quindi non è neppure — e tantomeno — resuscitato.

Sono punti essenziali di diversità tra Cristianesimo e Islam, che Francesco mostra di conoscere esattamente e di voler mettere a fuoco nell’attività missionaria del suoi frati. Lo scopo, poi, non è “semplicemente” di testimonianza, o meglio lo è nel suo senso più pieno, orientato cioè alla salvezza delle anime, che devono essere «battezzate» e «diventare cristiane», il che significa necessariamente staccarsi dal corpo dell’Islam per entrare nel corpo storico e mistico della Chiesa e di Cristo. Mi paiono parole nette, che smontano da sé il preteso “irenismo” a oltranza di Francesco: il santo di Assisi sperava e voleva che anche i musulmani (come gli altri infedeli) conoscessero la Grazia di Cristo, quella stessa che lo aveva toccato da giovane e gli aveva radicalmente trasformato l’esistenza.

Come ha ben scritto Claudio Leonardi, uno del massimi esperti mondiali della mistica cristiana medievale, «Francesco non ha timore di fare proseliti: il proselitismo, cioè la conversione e l’ingresso dell’infedele tra i fedeli di Cristo e della Chiesa, è nella logica della predicazione e di ogni azione apostolica, anche se la conversione resta solo opera divina».

...e opere

Quanto abbiamo visto sin qui riguarda soprattutto il pensiero e la parola scritta di Francesco. Tuttavia egli si pose questo problema anche dal punto di vista pratico: volle cioè portare personalmente il Vangelo in terra islamica.

Dopo un paio di tentativi falliti, fu nel 1219 che il santo riuscì a entrare in contatto con gli infedeli, durante la quinta crociata. L’episodio è a volte liquidato come un evento minore e secondario della sua biografia, perché Francesco rimase solo qualche giorno presso i musulmani, senza peraltro ottenere un particolare successo.

Ma, anche in questo caso, è una lettura riduttiva: che un uomo del Medioevo provi per tre volte a superare il “confine”, geografico e spirituale, che divideva la Cristianità del tempo dal mondo islamico; che lo faccia a suo rischio e pericolo, accompagnato solo da un altro frate (di nome Illuminato); che cerchi di parlare — e ci riesca! — con il sultano d’Egitto, ovvero con l’autorità somma del potere islamico in quel momento; e infine che torni indietro sano e salvo... beh, son tutte cose eccezionali, non secondarie, come scrisse Dante nella Divina Commedia (Paradiso 11,100-105).

Orbene, che cosa accadde? Nel giugno del 1219 Francesco e Illuminato raggiunsero il campo dei crociati che assediavano Damietta da qualche tempo. Tra la fine di quell’estate e l’inizio dell’autunno, i due frati attraversarono la “terra di nessuno” che divideva i crociati dai musulmani e chiesero di parlare con il sultano al-Kamil, discendente del grande Saladino. Sul fatto che i due si incontrarono e che, tramite interpreti, si parlarono, nessuno oggi dubita più.

Ciò che divide gli storici è semmai il contenuto del loro discorso, che diventa altamente dibattuto per il suo valore simbolico.
Non abbiamo nessun ricordo personale del santo, né cronache musulmane che ci riportino i contenuti di quel celebre incontro. Tuttavia, tra le fonti di parte cristiana ne spicca una contenuta nella biografia di Francesco scritta da san Bonaventura alcuni decenni dopo e che riporta la testimonianza di frate Illuminato. Eccone un passo decisivo. Il sultano si sarebbe così rivolto al santo: «Il vostro Dio ha insegnato nei suoi Vangeli che non si deve rendere male per male... Quanto più dunque i cristiani non devono invadere la nostra terra?». Niente male: al-Kamil usò il Vangelo come strumento per accusare i crociati di violenza e aggressione. Ma sentiamo la replica di Francesco: «Non sembra che abbiate letto per intero il Vangelo di Cristo nostro Signore. Altrove dice infatti: “Se un tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te”..., con il che ci volle insegnare che dobbiamo sradicare completamente... un uomo per quanto caro o vicino — anche se ci fosse caro come un occhio della testa — che cerchi di toglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Per questo i cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete. Se pero voleste conoscere il creatore e redentore, confessarlo e adorarlo, vi amerebbero come loro stessi».

Insomma, in un colpo solo Francesco difese l’opera del crociati e propose al sultano la conversione. È vero che questo dialogo non è direttamente attribuibile a Francesco; tuttavia è l’unico resoconto disponibile di un testimone oculare, frate Illuminato, e non c’é un motivo specifico per non utilizzarlo, sia pure con cautela.

Il Francesco che emerge è un santo eccezionale, che brucia dal desiderio di testimoniare in parole e opere la verità di Cristo e del suo Vangelo; e che si espone personalmente alla violenza e alla morte per suo amore. Sempre secondo le fonti cristiane, in effetti, Francesco propose al sultano anche un “giudizio di Dio” con i sufi islamici presenti: ovvero li sfidò ad affrontare i carboni ardenti per dimostrare la veridicità delle rispettive fedi. Ma quelli rifiutarono, e tra di loro vi fu forse un certo Fakhr al-Farisi, celebre consigliere del sultano, sulla cui tomba è scritto che ebbe «un famoso caso con un monaco cristiano».

Sappiamo anche che a quel punto Francesco propose di affrontare da solo la prova del fuoco, ma il sultano si oppose. Il santo poté quindi predicare ai musulmani, ma — sembra — senza ottenere successo. Tornò quindi al campo crociato e poi in Italia.

Conclusioni

Francesco sapeva che i musulmani negano la divinità di Cristo, “bestemmiando” — tecnicamente parlando, non moralmente — il suo nome. Per questo si adoperò in parole e opere perché divenissero cristiani. Anche in questo caso, dunque, Francesco e il perfetto cavaliere di Dio. Pacifico, ma non pacifista. Amante, ma non succube. Innamorato di Dio, e non delle lodi del mondo.

Bibliografia

La letteratura francescana, a cura di Claudio Leonardi, 4 voll., Fondazione Lorenzo Valla, 2004.
M. Meschini, Le crociate di Terrasanta, I Quaderni del Timone, Ed. Art, 2006.
Giovanni Miccoli, Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana, Einaudi, 1991.

Ricorda

«Francesco d’Assisi è il prodotto più rappresentativo ed ortodosso della Chiesa delle crociate (...) Non è affatto il personaggio che generalmente ci viene presentato adesso. Non era il precursore dei teologi della liberazione. Né tantomeno fu l’araldo dl un cristianesimo dolciastro, melenso, ecologico-pacifista: il tipo che ride sempre, lo scemo del villaggio che parla con gli uccellini e fa amicizia con i lupi».
(Franco Cardini, in Vittorio Messori, Pensare la stona. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Sugarco, 2006, pp 164-165).

© il Timone - (Contro la leggenda nera)

Thursday, September 6, 2007

San Francesco di Assisi contro l'Islamismo

Durante il discorso [sopra riportato] ai partecipanti all'incontro ecumenico di Assisi, Papa Giovanni Paolo II rivela ai presenti il motivo della sua scelta di quella località. La scelta, afferma il papa, è caduta su Assisi perché essa è la città "dell'uomo santo qui venerato - San Francesco - conosciuto e riverito da tanti attraverso il mondo come simbolo della pace, riconciliazione e fraternità (Oss. Rom. 27-28 ottobre 1986)
Un San Francesco ecumenico e pacifista ante litteram, insomma, genuino precursore del futuro Concilio Vaticano II: ecco l'immagine presentata da Giovanni Paolo II ai fedeli e ai non cattolici presenti a quell' "incontro", un'immagine che va ad aggiungersi alla serie di travisamenti del Santo assisiate inaugurata da vari film e spettacoli dagli anni '60 in poi. Quanto ciò sia lontano dalla realtà storica, basterebbero a dimostrarlo anche solo le sue vibrate parole di fronte al sultano d'Egitto, Malik-al-Kamil, nell'anno 1219, in piena quinta crociata: "I Cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perché voi bestemmiate il Nome di Cristo e vi sforzate di allontanare dalla vera Religione quanta più gente potete" ("Verba fratris Illuminati", § 2 (test. di fr. Illuminato da Rieti, che accompagnò San Francesco nell'incontro col Sultano).
Nello stesso incontro, il Santo esortò il Sultano ad abbandonare l'Islamismo e a convertirsi alla vera Fede, esclamando: "Dio mi ha inviato a te per mostrarti la via della salvezza eterna", e insistendo perché egli, con la sua autorità, si sforzasse di convertire al Cattolicescimo anche tutto il suo popolo (San Bonaventura, Legenda maior, IX, 8.)
Si sentano poi queste sue parole rivolte ai suoi frati: "[i Frati minori] annunzino la parola di Dio... affinché [i pagani] vengano battezzati e diventino cristiani, poiché chi non rinascerà per acqua e Spirito non potrà entrare nel Regno di Dio" (Francesco d'Assisi, Regola prima, § 16.) Egli stesso aveva più volte tentato di recarsi nei paesi musulmani per convertirli, anelando al martirio (B. Fr. Tommaso da Celano, Vita prima di S. Francesco, I, 20.), poiché "era convinto che, prima di tutto e sopratutto, è assolutamente necessario conservare, venerare e vivere la Fede della Santa Chiesa Romana, che è l'unica salvezza per tutti" (Ivi, I, 22.)
Tutto ciò non è altro che il Vangelo e la Fede cattolica. Quanto si è lontani dall'ecumenismo del Vaticano II e da "Assisi 1986" con le sue ormai innumerevoli repliche!
D'altra parte, se i "nuovi teologi" non esitano a stravolgere perfino la Tradizione, la Sacra Scrittura ed il magistero della Chiesa, non c'è da meravigliarsi che la medesima sorte sia toccata al Poverello di Assisi.

Estratto dal quindicinale cattolico "antimodernista" "sì sì no no", Centro Cattoli Studi Antimodernisti San Pio X, Via Madonna degli Angeli, n. 78, I-00049 Velletri. E-mail: sisinono@tiscali.it

Tuesday, September 4, 2007

Povero... San Francesco di Assisi

1) Visitando l’Eremo delle Carceri, ad Assisi, non si può non rimanere stupiti da questa strana statua che si trova proprio all’ingresso. Attorno a S. Francesco è stata posta una striscia di ferro sulla quale sono stati incisi i segni di diverse religioni: ebraismo, islam, cristianesimo, buddismo, induismo. L’impressione è che si vuole dire: tutte le religioni in fondo sono uguali, tutte proverrebbero - allo stesso modo - da un unico Dio. Dovremmo quindi superare gli “steccati” storici, teologici, scritturistici, magisteriali e tradizionali per riconoscerci in una presunta unica religione universale, non si sa inventata da chi! Ma S. Francesco non è andato dal Sultano musulmano per convertirlo alla fede cattolica? (cfr. F.F., nn.422; 1173-1174; 2701). E non era egli l’uomo tutto cattolico? (cfr. F.F., nn.43; 51; 77; 109; 126; 2820).
2) Sia l’islam che l’ebraismo, che nella statua fanno corona al cattolico S. Francesco, non insegnano forse cose esattamente opposte al cristianesimo? Essi insegnano che Gesù non è Dio e che non esiste nessuna SS. Trinità; che non esistono sacramenti, non esiste nessun Papa, ecc.? E il Buddismo non insegna la reincarnazione che - per il cristianesimo - è una eresia? La reincarnazione è esattamente opposta e contraria all’escatologia cristiana che invece insegna che esiste una sola vita, dopo la quale si va in Paradiso, Purgatorio o all’inferno. Induismo e buddismo, oltre alla reincarnazione, condividono la teoria degli Avatar secondo la quale Dio si incarnerebbe tante volte. Invece, per il cristianesimo, Dio si è incarnato una sola volta in Cristo Gesù e non si incarnerà più. Per un cristiano affermare che Dio si è incarnato in un altro uomo, diverso da Gesù, è una bestemmia e un’eresia.
3) Come è possibile affermare che dottrine così diverse provengano da uguali rivelazioni divine? È semplicemente assurdo pensarlo. Si cadrebbe nell’assurdo che lo stesso Dio ha rivelato ai cristiani l’escatologia del Paradiso-Purgatorio-Inferno e ai buddisti e induisti avrebbe rivelato la dottrina opposta della reincarnazione! Ai cristiani ha rivelato la divinità di Cristo e la SS. Trinità, mentre a musulmani ed ebrei avrebbe rivelato che tutto questo sarebbe menzogna!
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